venerdì 4 novembre 2011

“I’m just a Sweet Travenstite from transexual Transylvaniaaa-ha-haaa…”



Una delle cose che mi porto dall’adolescenza è la mia attrazione per il travestitismo, inteso come il mascherarsi ma anche come quel movimento che dai primi anni ‘70 si chiamò Glam Rock e che rifece capolino negli anni ‘80 come Glam Metal, la ragione principale dev’essere perchè tutto ciò che è colore, circo e stravaganza mi attrae e diverte, del resto mi piacciono anche il teatro ed il cinema di costume, certa moda…ed anche il periodo finale dei coloratissimi anni ‘60.
Nella mia ingenuità di 14/16enne che nei primi anni ‘80 si affacciava al mondo con pretese di migliorarlo mettendosi automaticamente dalla parte dei deboli e degli oppressi e fiduciosa in quella libertà fittizia che poteva esser nel Rock o nel Metal, ero convinta che quelle facce imbellettate e quei capelli cotonati rappresentassero davvero uno schiaffo al perbenismo e all’ipocrisia degli adulti o di alcuni di essi, che rappresentassero assieme alla musica che facevano, sopra tutto a L.A., una presa di posizione anche nei confronti di una certa sessualità o di espressione del sè…Del resto adoravo Oscar Wilde, la mia prima lettura “matura” fu Il Ritratto di Dorian Gray che ancora adoro assieme a Confessioni di una maschera di Mishima (per restare in tema di“certa”sessualità)
                                                                                                                        Prima che col Glam Metal o Rock, prima degli amati Motley Crue e degli amatissimi Hanoi Rocks ci furono i Kiss, che certo non rappresentavano nessuno se non sè stessi e i propri fans, forti della loro esperienza che risaliva agli anni ‘70, sull’onda dei vari Marc Bolan, David Bowie, Gary Glitter e credo, Alice Cooper, etc etc…I Kiss –che ovviamente non avevano quell’aura ribelle che credetti di vedere nei gruppi successivi- furono un colpo di fulmine e nonostante quella spocchia un pò “Euch” della tredicenne che ero nei confronti della lingua del vampiro Simmons, ”I Was made for lovin’ you fu effettivamente il mio primo 45 giri (era l’epoca del vinile) e successivamente ottenni per Natale il mio primo 33 giri “Unmansked”: ero alle medie appena. I Kiss erano circo allo stato puro, i costumi e il trucco e tutto il mondo che creavano attorno a sè –incluso quello che pare sia un discutibile film-baraccone- mi ammaliarono intensamente e a lungo.   
Poi fu il turno dei Motley Crue da molti accusati di copiare il trucco di Simmons e soci, cosa che mi ha sempre lasciata perplessa perchè non riuscivo assolutamente a vederne la benchè minima somiglianza ed anche musicalmente, quelle chitarre erano ben distanti dal suono, nel frattempo “poppeggiatosi” un pò di più, dei Kiss…Per quanto seguissi i Motley attraverso il primo singolo e video -“Shout at the devil” tratto dal secondo ed omonimo lp- riuscii a comprare il primo 33 giri, “Live Wire” se non erro, il cui sound era ruvido quasi come un demo o un prodotto underground; era il disco della mia adolescenza che mi incamminò nella direzione meno fantasiosa dei Kiss, fatta di canzoni prevalentemente a tema sesso-amoroso, in quello apparentemente più “stradaiolo” dei Motley Crue, la vita di strada, le gangs (immaginario filmico), le moto e la vita on the road mi colpirono tanto quanto il trucco, l’apparenza, che divennero più marcati –e più “Metal”- con “Shout at the devil” e più Glam Rock e Glam Rock star con “Theatre of Pain” per poi rientrare nell’aspetto più Rock’n’leather con “Girls, Girls, Girls” che già un pò mi lasciò freddina, il make up era trasgressione, una effemminatezza che rifiutava lo stereotipo del macho metal “duro e puro” credevo fossimo ad un livello un pò più alto o comunque “altro”, alternativo come si dice oggi, nella mia  ingenuità i Motley rappresentavano una ribellione più concreta e coi “piedi per terra” rispetto alla band di Simmons e soci…La band di L.A. si portò appresso altri gruppi, molti dei quali ho dimenticato ma ricordo i Ratt, i Wasp e gli Hanoi Rocks.nUn pò come Beatles e Rolling Stones ma senza tutto quel dramma, Motleys e Ratts dividevano i fans ma nulla vietava che essi avessero i dischi di entrambe: io ero coi Motley.                                                                                                                       Di tutto quel bailamme di cui ero poco o per niente consapevole a me resta la nostalgia degli Hanoi Rocks ma faccio un altro piccolo passo indietro: l’arrivo dei gruppi prima citati riportò in auge un vecchio e glorioso gruppo di Boston, gli Aerosmith. Praticamente i Rolling Stones d’America: questa band che ha continuato alla grande alla faccia di tutti quei “giovincelli” che comunque gli tributavano ogni gloria, era dei primi anni ‘70, credo il ‘74, ed hanno elargito al mondo pezzi meravigliosi; ebbi una fortuna incredibile di acquistare, poco prima del loro ritorno, una cassetta con una buonissima raccolta edita credo da Repubblica e fu una folgorazione. Sia musicalmente che visivamente gli Hanoi Rocks –a mio modesto parere- furono i parenti più prossimi degli Aerosmith (ma non solo loro) e sempre secondo me giocò bene il fatto di avere un batterista inglese e di avere in mente una impostazione british piuttosto che americana, Michael Monroe, androginissimo cantante e saxophonista, usava un inglese decisamente cockney o quanto meno molto popolare; certo che se si vanno a vedere tutte le parentele degli Hanois ci trovi anche il Punk, ed il proto punk dei New York Dolls, il blues ed altro ancora con un gusto aggiornato al periodo –anni ‘80. La grande occasione, a che ricordo, per gli Hanois giunse con “Two Steps from the Move” che li portò ad un tour con i Motley Crue che erano in pieno periodo “Thetre of pain”all’apice della carriera. Per me era una festa dell’immaginazione…Che finì con la morte del batterista degli Hanoi dopo che Vince Neil –cantante dei Motleys Crue- andò a spatasciarsi con l’auto, entrambe fatti persi. Il cantante evitò la galera con vari programmi di disintossicazione e riabilitazione, girando per le scuole ed a sfavore delle droghe, restò nel gruppo ancora per un pò contribuendo a uno o due dischi (ma io già pensavo ad altri gruppi, ormai), mentre gli Hanoi non ressero e si sciolsero…e del resto non avevano gli avvocati degli americani. Diciamo che alcuni di loro scomparvero, altri si riciclarono come solisti o rifondarono altri gruppi ma certo ai Motleys non capitò di suonare per Iggy Pop o andare a rimpolpare i New York Dolls –almeno credo…Sarà per questo e per la carriera così nettamente stroncata che mi mancano più gli Hanoi Rocks che i Motley Crue. Visivamente parlando poi era più facile conciarsi come i primi che i secondi…                                                                                      

  Eppure io, a lungo, non era così che avrei voluto vestirmi, tendevo più al maschiaccio nonostante i capelli lunghi e l’impossibilità cronica non solo di aver le idee chiare su me stessa ma di vestirmi come mi pareva…almeno fino ai 20. Dopo questi signori arrivò il turno dei Guns’n’Roses che si portarono appresso gruppi davvero “street” come gli L.A. Guns e ,credo, i Faster Pussycat ed altri ancora, il gruppo di ispirazione –pare- fossero i Rolling Stones ed infatti il nomignolo di “nuovi R.S.” fu appiccicato ai G’n’R…un pò eccessivo ma comprensibile, si stava cercando qualcosa di vero dietro al glitter ed al cotonato –più stile Poison che Motley Crue- e nonostante l’inizio vagamente “Glam” (vedetevi i capelli di Axl ai tempi dell’EP) in verità ‘sto gruppo era di tutt’altra caratura ed “Appetite for destruction” fu un esplosione! Fu l’ulteriore svolta dell’adolescenza, diciamo la seconda, e mi lasciai le false ribellioni del make up finchè non tradussi la cazzata di Axl nella sua XXXXXXX che mi fece disinnamorare abbastanza in fretta di lui e del resto ci riuscì nonostante la ristampa di “Lies” perchè aspettare per SECOLI il seguito di “Appetite” (a ciò aggiungete che razza di cazzone sia uno che può mandare a puttane quella che era innegabilmente la band del secolo) ma non era per me che necessitavo di verità, di altro…che mi venne dall’Hip Hop anche se gradualmente. Ma questa è un altra storia e non ha più nulla a che fare col Glam Rock.                                                                                                                             Ho continuato a seguire pur non acquistando gli Aerosmith: erano onesti quello che ti promettevano lo suonavano e cantavano. Punto. Ormai abbondantemente nei venti e verso i trenta reincontrai un vecchio amore ma al cinema ‘stavolta: Velvet Goldmine. Qui si raccontava il Glam Rock dei primi ‘70 com’era o come si immaginava fosse stato con però quella componente accuratamente eliminata nei gruppi “Glam Metal” americani degli anni ‘80: l’omosessualità ed una vera trasgressione sessuale anche attraverso un make up femminile e l’indossare abiti magari non femminili ma certo non da “Rocker maschio e virile” invero –a parte Gary Glitter che era più sul versante vagamente “ultimo Elvis”- più sulla Diva anni ‘30 con le paillettes ed i boa di piume clorate. E le zeppe. La varietà del fenomeno fu notevole, si andava dal proto punk e davvero stradaiolo dei New York Dolls (era la N.Y. di Andy Warhol e dei Velvet Underground, del resto) al rock volutamente Horror e splatter di Alice Cooper al circo sempre più ricco incredibile dei Kiss e delle loro maschere bianche che impersonavano veri e propri personaggi, a David Bowie con una idea assolutamente personale del Rock e della sua baracca circense (detto in senso positivo) eppoi il primo di tutti, Marc Bolan anche se a ben vedere, i primissimi tra tutti col make up, i colori e tutto il resto furono ancora una volta i Rolling Stones…Il fatto è che solo da adulta e specialmente accedendo alla lettura che ho capito meglio certe cose ed anche un certo disincanto che mi ha fatto vedere meglio che dietro un rossetto ed i capelli cotonati un coglione etero resta un coglione etero anche se posso ben supporre che certe personalità possano anch’esse maturare con l’età ed un paio di entrate da rehabs per tossici.                                                                                

 Resta il fatto  che se ci si prende troppo sul serio, all’americana per intenderci, alla fine si diventa pesanti e pallosi e mi si annoia velocemente, ecco perchè alla fine preferisco di gran lunga il Glam Rock britannico, anche per un certo occhiolino ad artisti omosessuali, alla fine la vera trasgressione potrebbe esser lì davvero: nel combattere un pregiudizio che non muta con passare degli anni. O forse sono ancora una idealista con un senso eccessivo del tragico. Ma il miglior Carnevale Rock o Metal che sia, con la migliore ironia mi son venuti dai britannici (ricordarsi che gli Aerosmith vengono da Boston ovvero il New England e qualcosa vorrà dire)
Ora, non è che io sia una fan dell’omosessualità a tutti i costi nè ritengo che chi sia omosessuale abbia una marcia in più a prescindere in qualsivoglia campo artistico, no, purtroppo esistono schiere di deficienti omosessuali nè più nè meno di quante ve ne siano tra gli etero, ma forse non è un caso che certa musica fosse frutto di un atteggiamento estetico e sessuale o forse no, fatto sta che QUELLA musica fatta da QUELLE persone ebbe su di me un certo appeal e PRIMA che io capissi cosa fosse l’omosessualità e che quelle persone fossero omosessuali e da lì certo viene la mia simpatia per certe figure un pò dive, un pò sarcastiche (caratteristica prevalentemente british ma forse anche qui generalizzo). Non so affatto dire se un etero avrebbe fatto altrettanto in altrettanto modo anche se una appariscenza la si trova anche nel funk anni ‘70 prevalentemente nella Black Sploitation ed a me il funk piace assai così come piace una buona fetta di produzione musicale afro-americana. Un ultima cosa va anche sottolineato che sembra che le persone abituate a vivere nella persecuzione o nel dolore abbiano un “quid” in più rispetto ad altri come appunto le comunità afro-americane con la loro musica ma anche le loro tendenze nell’abbigliamento (vedi anni ‘30/’40 o appunto gli anni ‘70) e la moda e l’arte vedono una certa presenza di omosessuali che riescono così ad avere una qualche forma di riscatto sociale o per lo meno personale.
Tornando a me, un pò di Carnevale, un pò di questo e quest’altro dunque per me erano e sono un mix irresistibile e dunque, quando ne ebbi l’occasione in tv, mi gustai The Rocky Horror Picture Show. Forse per l’età o chissà cosa, ma mi resi conto che era un qualcosa molto differente da quello che avevo gustato anni prima, avevo visto dei documentari sul fenomeno “Rocky Horror” ma potevo comunque rimpiangere assolutamente il fatto di non aver MAI vissuto quella cosa lì: del resto non era assolutamente possibile in una città si internazionale ma pur sempre provinciale come Firenze che pure se l’era goduto al Cinema Universale…e solo lì! Oltre alla mia terribile timidezza, non sto a riproporvi la solita tiritera delle compagnie fiorentine di cui ho discusso altre volte qui, ho pietà di voi ma lo sapete: i Fiorentini se ne stanno tra Fiorentini, i Fiorentini cresciuti nel quartiere tal de tali o nella strada tal de tali, se ne stanno tra di loro e guardano gli altro dal fuori ed un pò dall’alto.
Ad ogni modo, 44 anni. A Settembre sono andata all’ Exensia, dove sono Goths ed nostagici del Dark e del New Wave anni ‘80, c’erano personaggi poco meno che coetanei e per l’occasione ho conosciuto due amici di Lui venuti apposta per la riapertura del locale: a casa si son preparati a puntino con tanto di borchie e compagnia varia ed entrambe sono sulla 40ina, anzi credo che lei sia anche più grande di me…Beh, non vedo perchè io debba rinunciare ad una parte di me che mi diverte, una parte che tra l’altro ho dovuto ridicolmente metter da parte da pischella, la mia parte clown, quella che non ha fatto teatro ma forse avrebbe potuto, che non ha fatto la costumista che non ha fatto abbastanza Carnevali per non sentirsi dare di ridicola in un lungo periodo di insicurezze quasi croniche.
Questo Halloween ci sono riuscita: Lunedì 31 Ottobre, ho visto al cinema The Rocky Horror Picture Show!! All’ Odeon e vestita per l’occasione!!

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