giovedì 10 novembre 2011

5 Novembre

Il 5 Novembre ho scritto un post sulla maschera di V e del suo “uso” da parte di chi l’indossa e delle differenze enormi tra costoro e il personaggio (fittizio) del libro e del film da cui è tratto.

Faccio un mea culpa.

Non sono solita scrivere sui fatti che accadono nel mio paese, o almeno quelli particolarmente gravi e complessi che pure suscitano in me rabbia e fastidio perchè spesso mi rendo conto di non esserne in grado. Qui un pò è differente. Non so quando riuscirò a postare questo ma intanto scrivo.

Il 5 Novembre 1966 l’Arno allagò Firenze, in vero accadde tra il 3 ed il 4 Novembre, ma l’acqua c’era ancora la prima data; quando in questo paese un fiume esonda e si porta via cose e persone si pensa subito all’alluvione del ‘66 (seppur dimenticandosi altre tragedie acquatiche coeve) che sommerse Firenze e le sue cose artistiche, la cosa fu tale che tutt’ora se ne parla.

Da quanto posso vedere anche Genova avrà il suo 5 Novembre, e non è sola. Dalla fine di Ottobre Aulla, la Garfagnana, le Cinque Terre, Genova stessa ed altri comuni minori liguri montani si son visti arrivare un onda di melma e detriti a portar la vita delle persone, la vita intesa come lavoro, cose personali, la casa ed anche la vita stessa. Da che ho capito –al momento in cui scrivo- sono 10 le vittime, purtroppo non ho compreso se solo nella zona ligure o in generale. Amara consolazione è che il mare di tanto in tanto restituisce i corpi. In altre zone d’Italia vi son state alluvioni di minore portata ma non meno tragiche, con persone strappate ai loro cari o alla vita stessa.

Ho trovato già iniziata una puntata speciale di XXXX, su Rai 3, in diretta ed ha illustrato molto bene grazie anche a testimonianze dirette di chi vive in quei luoghi, i danni, l’esatto svolgersi delle esondazioni tramite alvei di torrenti in cui si è edificato dopo averli ridotti  a poco più che scoli, di terreni lasciati a sè stessi, incolti, trascurati e spesso GIA’ teatro di frane e smottamenti e su cui assurdamente si è edificato, e si pretende ancora di costruire, case, parcheggi, outlets, quartieri…Noto che tanto si è criticato al Sud e alla tendenza criminale e cretina di fare altrettanto ma i danni e le assurdità che ho elencato sono opere del Nord, della Liguria principalmente…il centro in cui si è costruito attorno ad una collina artificiale, discarica dei detriti dell’abbattimento di uno stadio e fonte di smottamenti ad ogni pioggia e non certo solo al il carico eccezionale avuto in questi giorni passati che stavolta ha portato via case e strade, acqua e terra mista alla vegetazione che folta è cresciuta senza controllo alcuno…Si è costruito altrettanto dove il terreno NON è roccia ma terra friabile una volta che abbia assorbito acqua quindi di fatto mettendo da qualche parte nero su bianco, qualcuno ha dichiarato una menzogna letale! 

Terreni incolti ma selvaggi, alberi che crescono e crollano, fogliame, rami, che intasano “scoli” che un tempo erano torrenti che a loro volta erano comunque accuditi, ripuliti, dalle comunità che comunque li usavano per la quotidianità. La terra un tempo sfruttata per la vita, lavorata e curata non riesce a dar vita e benessere e dunque la si abbandona, così, come se potesse fare da sè. Nelle Cinque Terre la cosa è enormemente evidente e come ci dice il giovane contadino dalla piazza giù al porto: la terra che è scesa giù dalle colline con l’acqua ce l’hanno portata gli antenati sulle terrazze per le vigne e gli orti. La battaglia dell’uomo nel tentativo di strappare il necessario per vivere ad una natura avara è continuo su quelle terrazze, la Natura spinge per riprensersi il tolto e l’uomo lavora per trattenerlo, rimettere in sesto ciò che era stato costruito ma c’è un equilibrio, duro, sfiancante, c’è anche se supportato da una opera continua. Eppure vivere di terra non è più conveniente, si va via e si abbandona il terreno e su di esso vi costruiscono parcheggi e edifici per turisti, troppa gente e troppe esigenze per una superfice cui s’è strappato ogni centimetro necessario e non di più E SAPENDO COME farlo. Chi è restato e coltiva ancora non si è visto la terra scender giù per i paesi e sino al porto che ha reso limaccioso e paludoso, a sotterrare case intere o i primi piani e le botteghe, a portar via persone che ora il mare restituisce anche su coste lontane: le testimonianze sono nette e precise e alla fine si deduce che TUTTI sapevano e mi domando quanti tra costoro davvero hanno urlato preoccupati al vento negli anni passati, e se davvero non avessero altra scelta che abitare quelle case costruite così scriteriatamente; lo sapevano quando acquistarono quelle case?Alcuni di costoro sono lì da una vita intera.

E le città? Genova. Hanno costruito sui letti di torrenti: non ricordo più il nome ma hanno fatto vedere un quartiere di case popolari; c’era una distanza ENORME tra il vecchio argine dal lato delle telecamere e il lato opposto, due corsie ed una certa zona di case, o almeno così mi è sembrato, quasi un fiume che è stato ridotto letteralmente ad uno scolo e sopra e tutt’intorno s’è costruito un intero quartiere, l’acqua scorre sotto la strada e sbocca allargandosi e finendo sotto un ponte della ferrovia che FA DA TAPPO tra l’altro e SE ho capito bene quello stesso ponte è in costruzione tutt’ora –leggansi da anni- essendo stato più volte abbandonato e causa di problemi proprio per quelli che esso stesso provoca. Comunque si deve immaginare la potenza della spinta dell’acqua che da un poco meno collo di bottiglia ESPLODE in uno slargo di diversi metri per poi vedersi praticamente bloccare da un ponte magari ostruito da detriti precedenti non asportati. Bella immagine, eh? E sto mettendo da parte il lato speculativo che si son visti presentare gli inquilini di quelle case tempo addietro poichè GIA’ si erano verificati importanti problemi che denunciavano la pericolosità della zona che era in progetto d’esser evacuata e abbattuta. EHI! E NON siamo a Messina o dove altro siano avvenuti smottamenti distruttori dovuti all’incuria criminale di corrotti enti locali, nono, siamo al Nord, dove notoriamente queste che avvengono sono DISGRAZIE anche quando si parla dell’ennesimo condono anche quando da più di trent’anni si parla di un trasversale Partito del Cemento che ha costruito il costruibile dove non si doveva. Trent’anni TRASVERSALI che ora presentano il conto e che continueranno a farlo negli anni a venire visto che l’acqua s’è fatta la sua strada dove scorrere.

FIRENZE i giorni del diluvio, di Franco Nencini, prefazione di Enrico Mattei edizioni Sansoni.

Trovarlo credo sia possibile solo sulle bancarelle dell’usato, dove tra l’altro ne ho intravista una copia in via Cavour, io ne posseggo una copia che fu dei miei che l’alluvione se la sono vista e vissuta dall’ultimo piano di via del Palazzuolo (poi,visto che le disgrazie non vengon mai da sole, l’anno dopo son nata IO!) E’ un vecchio libro dunque con foto in bianco e nero, a volte appena sfocate, ed è incredibile come siano così evocative della disgrazia e della miseria che l’alluvione si lasciò dietro…per parafrasare un signore che visse all’epoca “non c’erano più manco gli occhi per piangere”. Osservo quelle foto e cerco di rivedervi luoghi che conosco e non è difficile perchè per lo più sono nel Centro: Ponte Vecchio che fu letteralmente travolto e le sue botteghe orefici lavate via dalla melma mista alla nafta (incredibile quanta ve ne fosse!!), allagando la Biblioteca Nazionale, il Duomo e S. Maria Novella. Impressionanti le foto di Lungarno Acciaiuoli letteralmente eroso dei suoi argini, fin sulla porta delle case e dei negozi, quasi lo stesso ai lati del Ponte Vecchio, o Ponte Amerigo Vespucci invaso di immondizia di ogni genere trasportata dalle acque ormai defluite, oggetti arenati o infissi nel fango da una incredibile potenza dell’acqua, e auto, auto ovunque come relitti dopo un naufragio, ammassate nelle piazze o nelle strade come via Aretina (si calcolano circa 10.000 auto numero considerevole all’epoca) a volte nelle botteghe, muri di sanpietrini estirpati ed ammassati in via Barbadori dove trovavi la carcassa di un cinghiale o i poveri cavalli all’Ippodromo delle Mulina, morti annegati nelle loro stalle. Infine al defluire delle acque, la gente; la gente che vaga smarrita nelle strade colme di fango e quei detriti che ho detto, poi al lavoro in quel fango, raccatta il raccattabile, cerca di recuperare qualcosa, un oggetto personale, dei preziosi da poter rivendere, nascono le farmacie all’aperto che vendono il vendibile ormai scarso ma ancora buono, le file per l’acqua in Borgo degli Albizi o al Mercatino di S.Pierino e quelle per gli approvvigionamenti ma si lavoro, ci si aiuta, ognuno fa quel che può come i ragazzini che dirigono il traffico o i giovani da ogni dove –in Italia ed Europa- che arrivano a fare il possibile anche senza mezzi propri che non siano le loro braccia; si salvano i libri, i dipinti, le statue, i preziosi dell’arte fiorentina. Ma a me interessa la gente e la sua vita di tutti i giorni: c’erano pochi turisti nel ‘66 a Firenze ma tanta gente comune che viveva e lavorava in pieno Centro all’epoca vitalissimo e non parcheggio per turismo di massa.

Rispetto all’epoca sembra che i danni d’oggi siano anche maggiori, forse per la crisi o forse per un numero maggiore di proprietà personali rispetto agli anni ‘60, più auto, più case costruite, più oggetti personali, più persone anche solo di passaggio –come i turisti alle Cinque Terre- una maggiore incuria e c’è anche un maggiore senso di abbandono e non solo del territorio, si direbbe. Ci sono anche interi borghi slavati via. Quello che per fortuna non sembra esser mutato è il senso di solidarietà, a Genova sono arrivati volontari per dare una mano dove possibile, anche una parola a chi ha perso ogni cosa e durante il disastro che ha colpito all’improvviso si sono visti gesti eroici: chi sorregge il prossimo in mezzo ai flutti per andare in punti più sicuri, che cerca di trovare una via di sfogo all’acqua e perde la vita…Con questi gesti vorrei tanto arrivasse una maggiore coscienza e forza, spero in gente che si piazzi di fronte ai centri del potere o alle ditte che costruiscono l’inconstruibile, possibilmente coi sanpietrini, a volte spero in una sorta di autogestione locale senza politici e non penso certo alla Lega visto che un leghista voleva costruire un outlet che sarebbe franato sulle teste comunque provate degli abitanti.

Certo, dopo trent’anni di Partito del Cemento-almeno per quanto riguarda la Liguria- c’è poco da ben sperare ma è pur sempre meglio del nulla.

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