lunedì 4 aprile 2011

Rosemary's baby, di Ira Levin



Lento ma deciso. Dettagliato ma senza inutili fronzoli ed un crescendo simile ad una detective story coi suoi indizi sparsi via via. Alcune cose non mi sembrano spiegate, lasciate in sospeso e forse giustamente.
Rosemary è una donna che si lascia andare facilmente alla fantasia (ciò che noi chiamiamo "seghe mentali") e con un lato adolescenziale/infantile che di tanto in tanto prevale e che me la rende un pò irritante coi suoi ragionamenti e deduzioni apparentemente un pò improvvisi oppure no, visto l'ambiente da cui si sente circondata. Trovo curioso che queste intuizioni non le abbiano accennato che forse ha sposato il classico mezzo fallito che si sente incompreso.
Lentamente siamo trasportati in una inquietante banalità oscura, in una quotidianità col luciferino che non ha bisogno di atmosfere particolari o plumbee, è un sovranaturale tutt'altro che eclatante, appariscente, ma casalingo, irresistibile e determinato, implacabile nelle sue "attenzioni" e scopi. E' una quotidianità con la tenebra che ha quasi del kitch, specie nel finale con la culla con le tendine nere ed il crocefisso capovolto come pendente. Non c'è sangue, nè squartamenti ma una tenaglia che si è chiusa sulla protagonista praticamente sin dall'inizio e si salda sul finale, quando ormai tutto si è compiuto, è arrivato il bambino tanto atteso e non riusciamo a immaginare cosa possa accadere nelle pagine che ancora dobbiamo leggere. Ed è Rosemary stessa che compie il gesto finale, è lei che salda definitivamente questa tenaglia, tramite la seduzione di cui solo una madre può essere vittima: quella di un bimbo in una culla. Il suo bimbo...E non può essere altrimenti visto chi è il padre.
Questo libro lascia perplessi, sorpresi, ti vien da dire "Ah! Tutto qui?" Beh si, è mica da poco descrivere l'Anno Primo dell'Avvento del figlio si Satana. 
Ave O Rosamaria!

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