giovedì 19 gennaio 2012

8 Gennaio. Ascesa a La Calvana

La sera precedente, prima e dopo la cena coi quasi suoceri (ospite la ganzissima zia), mi sentii una certa febbriciattola ed un disagio alla gola specie se deglutivo, nonostante la poderosa sudata notturna che ha eliminato la febbre il mattino dopo non ero dell’umore giusto per una camminata anzi, quasi quasi sarei rimasta a casa magari con un filmone che attende da questa estate d’esser visionato in coppia. No, la giornata è bella e sarebbe un peccato sprecarla, c’è il sole e la temperatura è buona, dopo un abbondante brunch si esce, una bella passeggiata verso La Calvana, tranquilla. E senza salite, aggiungo io.
Con l’auto raggiungiamo le pendici del monte, attraversiamo un trattino di campagna ed un ponte grazioso vicino ad una cassa di espansione, case e fattorie sparse qua e là. Percorriamo una strada asfaltata che circonda il monte, non c’è nulla di particolare ma ho notato, salendo verso quella strada, che c’è una linea di cipressi che nasconde un altra stradina più addosso ad esso. dato che giungiamo ad un bivio e che la apparentemente unica soluzione sia ri-tuffarsi in una campagna anonima ci dirigiamo verso quella stradina dietro i cipressi. L’ingresso è costeggiato da una sorta di colonne, insomma il tipico ingresso delle ville antiche di campagna che ci son da queste parti…E’ carino e intimo, il sole penetra con delle ampie lame di luce polverosa…Evocano ricordi…
- EXATRABA! ESTRAGABBARA! STRAGABATA!
-EXALIBUR! IDIOTA!
Se non sbaglio trovo qui il primo pungitopo della giornata…Potrei anche pensare che sia il solito di Monte Morello perchè è solitario con bacca rossa solitaria! Mah! Comunque camminiamo fino ad un bivio e li proviamo a salire, sono io a suggerirlo…Sinceramente non ho idea di cosa troveremo nè di quanto ci sia da camminare ma non avevo in mente di arrivare sino in cima, non ci pensavo affatto. La passeggiata su strada asfaltata ma in pendenza quasi sopportabile è faticosa ma non sto sudando, i dintorni sono boscosi ma in un qualche modo differenti da Monte Morello, forse più seRvatici, non so…ci impegnamo in chicchere nel più e nel meno ed incrociamo una famiglia in discesa…ogni tanto un auto ci sorpassa salendo.
E avvistiamo il primo pungitopo della salita…


A cui seguiranno altri, in vero, una vera cespugliata con bacche solitarie, si insomma una per ciascuno…



Naturalmente non avvistiamo solo pungitopi ma anche questi…



Che ovviamente non so che siano, mirtilli, belladonna, boh!
 Se uno cerca trova cosucce suggestive come questo semplice “angolino” al lato della strada, è tutta questione di sensibilità personale…






Però non un ginepro! Che strano! Ho avvistato anche un roseto con le sue bacchine rosse, messo un pò male ma tenace nel resistere lì dove si trova, quasi sul ciglio dello sterrato a sua volta sul ciglio dell’asfalto…Lui salendo ha tirato fuori la SUA refleSSe (invidia) scatta ma secondo sua natura va anche a sbirciare altri sentieri…giusto per trovarsi qualche stradina in più da esplorare in futuro con la sottoscritta. Sbuffando e ansimando arriviamo in un angolo di montagna che attizza ancora di più la mia fantasia…



Io adoro le vecchie rovine ma nel tempo ho sviluppato una certa attrazione per i casolari abbandonati, forse perchè più prossimi –relativamente- nel tempo e nelle usanze ai nostri tempi. Questo casolare è a due piani ed ha una cisterna, sul secondo piano sono i resti del caminetto e c’è una nicchia, forse a uso devozionale, ed i resti della pittura originale di una parete. Mi incuriosiscono alcune strutture ad arco e non so immaginare a cosa fossero destinate le stanze sotto di esse e per quanto possa capirne io immagino che il piano di sopra fosse adibito ad abitazione e il piano terra avesse ambienti destinati alle attività di una masseria, il secondo piano però confinerebbe con una cisterna che è la prima cosa su cui cammini arrivando dalla strada. Il lato da cui –suppongo- si entrava e che dà sulla piana (e che è esposto al sole) ha di fronte un altro edificio in rovina, sito un pò più in basso, forse le stalle o un qualche magazzino. Comunque a suo tempo dovette esser alquanto grande ed immagino fosse dovuto al fatto che una volta queste abitazioni non solo ospitavano famiglie numerose e/o in più numero ma dovevano esser anche autosufficienti specie d’inverno quando scender nella piana non doveva esse facile per le nevicate.









Ad un certo punto troviamo anche questo…
Che chiaramente non è succo di mirtilli. Cacciatori, immagino…
Fiatone e stanchezza si fanno sentire e sudo in maniera assurda…
Beh! Vi ricordo che non era prevista questa salita e non ero affatto vestita per l’occasione…Sotto il mio efficiente piumino da città c’era un maglione di lana grossa (e il dolcevita e la canottiera cotone 100%) al collo avevo un paio di giri della mia mega sciarpona di lana sottile a doppio strato multicolore vagamente stile Dr. Who ed un berretto di lana, oltre ai pantaloni di pile che mi servono nel freddo freddissimo da una ventina d’anni ed la mia borsa…a parte i quasi onni presenti scarponcini da trekking ed i calzini quechua, non è l’abbigliamento per affrontare La Calvana, almeno dal lato della discesa e nemmeno in cima…ma vi dirò tra poco. Allora, io sudavo come un emmenthal svizzero in estate e faccio la mia genialata: mi tolgo la sciarpa e qualche curva più su mi scappello pure! C’è di buono che la giornata è assolata e non tira vento!! La boscaglia s’è diradata da un bel pò e ci sono per lo più cipressi, ma non sembrano quelli che normalmente vedo di sotto o nei cimiteri, sembrano gli stessi che a suo tempo vidi a Villa La Pietraia, hanno al corteccia che pare striata e rami o radici che si contorcono nel tentativo testardo ed inflessibile di trovare un anfratto di terra nella roccia scagliosa…tutt’intorno sembra prevalere la roccia bianca a lastre (calcarea?) sul terreno nero, ecco perchè tanti cipressi, nessun altro albero a lungo fusto potrebbe piantarsi qui intorno…Rimetto il berretto di lana. C’è un bosco e cartelli che indicano dei borghi o comunque località: Ca’Rossa o I Bifolchi (???) …Spero di ritornarci presto e vedere quei posti…anche se il primo vorrei fosse Borgo Morello. Giungiamo sul cucuzzolo della montagna, una vasta zona è dedicata alla pastorizia –ulteriore motivo per l’assenza di vegetazione bassa che non sia erbetta- l’odore della “grassa” (letame di animale) non è forte ma persistente, le stalle sembrano baraccopoli pure con alcuni tetti sfondati e qua e là si intravedono dei gatti sfuggenti e di poca confidenza…bisogna esser tosti per starsene da queste parti, mi sa. Una (vista da dove siamo, bruttina in vero) costruzione in cemento dev’essere la casa e la rivendita di formaggi del pastore sardo (!!!) proprietario e custode del posto, vedo un bel pò di pecore ma anche maiali (scrofe per lo più, mi pare) grossi come cani san Bernardo!!
E che si fanno il beneamati fatti loro…come solo i suini sanno fare, occorre dire…
A me viene in mente la Sardegna come l’ho vista nelle foto che mostrano l’ interno dell’isola, chissà se anche il pastore la pensa così…
Mi rimbacucco nella sciarpa. Il lato più interessante de La Calvana inizia ora…innanzitutto attraversiamo il podere (io occhieggio preoccupata i maiali, non sono così carucci come mostrano nei filmZ tipo Babe e mi hanno insegnato a tener le distanze) e giungiamo al poggio dove c’è una sorta di mirino col quale si possono osservare le cime che ci circondano e alcuni punti della città di Prato e di Firenze (i soliti Duomo)  nonostante il sole c’è una bella foschia o inquinamento che dir si voglia. Suppongo che nelle giornate pulite la vista sia comunque notevole, un assaggio l’ebbi proprio questa estate anche se da più in basso e non da La Calvana…Iniziamo la discesa e mi dispiace non aver scattato di più ma la pendenza e i luoghi mi mettevano una certa apprensione. Come pure una certa fascinazione. Scendendo incontriamo una cava con ancora enormi massi, negli immediati dintorni si notano come dei canaletti che escono e si rituffano nelle rocce della montagna che Lui poi affermerà esser cava. Ancor più sotto un’ altra cava dalle rocce enormi che mi fanno pensare a qualcosa di primevo, piuttosto che otto/novecentesco, qualcosa stile “CROM!”…C’è anche una costruzione in pietra e cemento in uno scavato più piccolo, separato dall’altra da un muro o una diga, Lui mi proibisce tassativamente di avventurarmi su quel muretto nè io, del resto, ho intenzione di andarci…non con quell’abbigliamento…Simili cave sono comuni su quel fianco, una appresso all’altra, giungiamo su un piccolo poggio dove costruirono una sorta di casa o di rifugio completamente in cemento, cosa ben miserevole e tristissima se paragonata al ben più disastrato rudere dall’altro lato del monte, oltre al fatto che la prima è anche cosparsa di scritte. Questi angoli di cemento cosparsi di scritte ed erbacce, ovunque si trovino a me danno sempre un gran senso di sporcizia, di sozzeria e fastidio, il mio primo istinto sarebbe di dargli fuoco e cospargerli di calce disinfettante… Resti deprimenti di vecchie attività estrattive di roccia per fabbricare cemento.
Gradualmente, lentamente la vegetazione riprende a crescere in numero ed altezza, a volte sembrano enormi rovi ma non saprei anche se trovo molti con queste bacche rosse, a volte sembrano le roselline selvatiche a volte non saprei…
Il sentierino Cai si innesta sulla vecchia strada degli operai della cava, la vegetazione ha ripreso possesso dei lati che si intuisce un tempo esser stati di una strada larga almeno il doppio sopra e sotto ci sono delle piccole terrazze con muretti a secco dove son stati piantati ulivi il cui scopo però non è l’olio extra vergine ma trattenere il terreno affinchè non frani, sono tantissimi!!! E cerco di immaginare bestie che trascinano carri pesanti carichi di rocce, materiale per costruzioni, utensili e persone. O magari i primi mezzi a motore. Doveva essere una fatica immane, sfiancante. Chissà se c’ erano anche bambini, all’epoca, non era strano lo sfruttamento del lavoro minorile del resto se si scende ad un’ altra cava, un pò più invasa dalla vegetazione, e seguiamo il sentiero che l’attraversa, troviamo l’ingresso di una miniera o comunque un tunnel parzialmente murato, ricordo che Lui ha detto che  La Clavana è cava, scavata anche al suo interno. Ci affacciamo all’apertura. Devo dire che in estate non sarei così coraggiosa sia per il fastidio –e terrore- di ragni e insetti, che per il sacro rispetto che ho per la tranquillità delle vipere! Lui dice che d’estate lassù è un inferno perchè non c’è modo di ripararsi dal sole…almeno da un certo punto in su. Ultima cava ma dal basso stavolta col cipresso che tenace se ne sta come un falco sul ciglio del burrone…
e bacche rosse quasi ovunque.
E ulivi che ci accompagnano. La vegetazione cresce e siamo quasi in vista della fabbrica vera e propria che sta alle pendici del monte, un edificio in particolare è in via di ristrutturazione, letteralmente nascosto dalle impalcature…sulla sinistra si può deviare e finire su un poggio dov’erano tre fornaci in cui veniva cotta la roccia…è praticamente un piccolo parco per famiglie con panchine e tavole per picnic…Siamo all’ombra ma io mi son riscaldata con questo camminare, sento appena il freddo, scendiamo giungendo alle case e la strada…In vero mi domando come fosse qui ai tempi della fabbrica di cemento, penso al rumore e come fosse in generale una zona che ovviamente ruotava attorno a quell’attività oltre che all’agricoltura…forse le case erano ricoperte di polvere spessa e il fumo quasi onnipresente…
Percorriamo la Mugellese, quasi tutti i numeri civici recano la scritta La Mugellese, passiamo davanti ai resti della fatiscente struttura in cui veniva depositato e/o distribuito il cemento finito sarà perchè è inverno e le pareti di cemento fradicio quasi nero ed i tubi di metallo arrugginito ma lo trovo tristissimo; praticamente la seguiamo per tutto quel lato del monte e sta imbrunendo, poi scendiamo nei campi per riattraversare quel ponticello e infine raggiungiamo l’auto… C’è la luna e stavolta riesco a scattarle una foto decente…

Il silenzio è quasi totale, le luci delle case accese e qualcuno ha acceso un falò per gli sterpi e passiamo in mezzo a quella nuvola. Riprendo a sentir freddo ma sto bene tutto sommato, e già parliamo di ritornare a La Calvana magari meglio equipaggiati e ad un ora più decente così da poterci soffermare un pò più a lungo per far foto o solo godere dei luoghi. So che c’è una scala di non ricordo quante centinaia di scalini, sempre parte della cava di cemento e già mi chiedo se mi convenga salirla o affrontarla in discesa…ma l’idea mi attira comunque.
La Calvana mi affascina un pò più di Monte Morello, per ora ha una quotina in più.

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